Storia dell'Arte| Cap.5.1.1 Arte Egizia - La Regina Nefertìti
Nel corso del Nuovo Regno, il periodo forse di più alto splendore della civiltà egiziana, abbiamo visto come anche la scultura riceve un nuovo e vigoroso impulso (post dedicato qui). Infatti, pur conservando l'originaria solennità, le statue di questo periodo si caratterizzano per una forte tendenza al ritratto realistico, grazie soprattutto a una cura meticolosa nella realizzazione dei particolari del volto (vedi ad esempio lo Scriba Rosso).
Busto della regina Nefertìti, ca 1340 a.C. Pietra calcarea dipinta, altezza 50 cm. Da Tell el-Amarna. Berlino, Neues Museum. |
La celebre testa in calcare dipinto della Regina Nefetìti (o Nofretèti), databile intorno al 1340 a.C., ne costituisce uno dei migliori esempi.
Fu rinvenuta il 6 dicembre 1912 dall’archeologo tedesco Ludwig Borchardt nel sito di Akhetaton, odierna Amarna, la nuova capitale fatta costruire dal faraone Akhenaton.
Il gruppo stava infatti scavando nella bottega dello scultore Thutmose, attribuita a lui sulla base di un oggetto in avorio con inciso il suo nome: in una delle stanzette vennero alla luce oltre venti stampi in gesso incompleti o appena abbozzati, teste in pietra completate e altre ancora da terminare.
Il busto, al momento della scoperta, era in ottimo stato di conservazione, tanto da far pensare ad un falso (teoria poi confutata), presentando danni solo alle orecchie e alla corona. L’opera è realizzata in pietra calcarea rivestita da stucco dipinto con colori vivaci; l’occhio destro è realizzato con pietra calcarea con inclusi di cristallo di rocca per la pupilla e iride finemente lavorata al fine di dare espressività al volto. È invece mancante l’occhio sinistro, per la mancanza del quale sono state proposte varie teorie, dall’utilizzo del busto come modello alla perdita del manufatto nel corso degli scavi.
Nefertìti fu sposa del faraone Akhènaton, il quale fu famoso anche per aver dedicato tutta la sua vita alla venerazione del culto monoteista di Àton, incarnato nel disco del sole, suscitando scandalo e venendo così ritenuto eretico dai seguaci di tutte le altre divinità egizie.
La regina doveva essere una donna di straordinaria bellezza, come suggerisce il suo stesso nome, che in egizio significa "la bella è giunta".
Il suo ritratto, infatti, ci rivela un volto raffinato e austero, al quale il lunghissimo collo conferisce nel contempo dolcezza e regalità. Contrariamente alle regole, anche la colorazione non è quella giallognola convenzionalmente riservata alle donne, ma ci appare veristicamente bruna, mentre gli occhi e le sopracciglia sono messi in risalto dalla linea morbida del trucco, secondo la moda femminile del tempo. Le donne egizie, così come gli uomini, applicavano intorno agli occhi una linea di kajal (detto anche kohl), un composto a base minerale mescolato con grasso animale; l’ocra, mescolata con oli e grassi, fungeva da rossetto, mentre in polvere era impiegata come fard.
Il busto della regina è completato poi da una sontuosa corona, con fascia dorata all’altezza della fronte e diadema centrale che gira intorno al copricapo.
Il reperto venne preso, come da accordi del periodo con le autorità egiziane, dal finanziatore degli scavi, James Simon il quale lo donò nel 1920 allo stato prussiano e fu esposto per la prima volta al pubblico nel 1924. L’Egitto, venuto a conoscenza del valore del busto, ne ha richiesto più volte inutilmente la restituzione. È oggi conservato al Neues Museum di Berlino.
Fonti:
- Giorgio Cricco, Francesco Paolo Teodoro, Itinerario nell'arte, Dalla Preistoria a Giotto, Vol1, Bologna, Zanichelli, 2016;- E.H. Gombrich, La Storia dell'Arte, Phaidon, 2021;
- didatticarte.it, 2. Arte Egizia, https://bit.ly/3NwMS2e;
- Andrea Samueli, Il busto di Nefertiti, in iltermopolio.com, Giugno 2018, https://bit.ly/3SPA5ut
Immagine di copertina: https://bit.ly/3SKnU22
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